MARCO BELLOCCHIO
BELLOCCHIO AUREO:
Un giorno Marco Bellocchio ebbe a dire che il suo ateismo può essere definito come un rifiuto della dimensione metafisica. In verità c’è talmente tanto spirito nella sua materia che, forse, non è il caso di addentrarsi in un “oltre” da indagare, quando il qui, e ora, è già così divinamente scandagliato, percepito, scolpito e restituito alla gente. La biografia di Marco Bellocchio è così importante e così maestosa da risultare enciclopedica e da non poter certo essere sintetizzata su una rivista, ciò che conta è comprendere il filo conduttore che lo lega a se stesso e che lega il suo pubblico a lui. Un pubblico che non è composto solo da spettatori ma anche dai tanti giovani che si avvicinano a lui per imparare non solo la tecnica e il mestiere, ma per assaporarne l’interiorità, l’espressione esistenziale, come nel laboratorio farecinema che ogni anno tiene a Bobbio.

Non dunque una distanza ieratica del grande maestro, ma un dono che fa non solo con le sue opere ma nelle sue opere e con la sua persona. Riflettere sul suo ultimo riconoscimento: “La Palma d’oro alla Carriera”, ricevuta a Cannes dalle mani di Paolo Sorrentino, significa riflettere sui suoi tanti successi, a partire dal leone d’argento all’orso d’argento, significa affidarsi alle sue parole: “Non ho nulla da aggiungere, da dire. Voglio condividere questo premio con i miei figli Pier Giorgio e Elena”.
Potrebbe apparire quasi una frase di circostanza, un adagio di galateo istituzionale, ma in quelle parole: “Non ho nulla da aggiungere” c’è tutta la brevitas latina, c’è tutto il senso di chi ha contemplato ogni azione, ogni scelta, ogni scena all’insegna di un significato profondo, e non di una retorica ampollosa fine a se stessa. I valori che Bellocchio ha sempre portato in scena, a partire dal turbine creato nel ’68, non possono essere banalmente etichettati come politici, come battaglie di partito. In lui c’è sempre stato di più, c’è sempre stato un oltre che superava il momentaneo per abbracciare quei valori che identificano l’uomo tout court e che non si possono relegare alla cronaca. Per questo il suo cinema è intramontabile. Perché la trama non è mai solo trama, l’evento non è mai solo accadimento legato alla narrativa, ma sa far riflettere e coinvolgere generazioni anche distanti anagraficamente che si ritrovano a condividere gli stessi ideali e a lottare per gli stessi valori. Documentari, lungometraggi, articoli, autore di sceneggiatore, Bellocchio sa quando parlare e proprio per questo sa cosa sia l’eleganza e la raffinatezza nel momento in cui non vuole aggiungere altro, perché è in grado in questo modo di dar forma alla luce, di modellare i vuoti riempiendoli idealmente di tutti i successi ricevuti. Solo una personalità come quella di Bellocchio può, con così pochi termini, riuscire a ricevere un premio tanto prestigioso e inondarlo di significato, con tutti quei rimandi impliciti che si sono percepiti in quel suo sguardo che a fatica riusciva a contenere l’emozione.


